Solo la verità ci rende veramente liberi!

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Solo la verità ci rende veramente liberi

domenica 24 novembre 2013

3 minuti con Giorgia per ricordarci tutti che... "è l'Amore che conta"!



L'AMORE HA INFINITE ESPRESSIONI
MA UNA SOLA SOSTANZA
e lo testimonia anche il fatto che le parole di questa canzone, pur probabilmente riferendosi all'amore di coppia, possano applicarsi alla natura stessa dell'amore, che è di per se stessa unica ma con molteplici volti.
Nicola 
Di errori ne ho fatti
ne porto i lividi
ma non ci penso più
Ho preso ed ho perso
ma guardo avanti sai
dove cammini tu
Di me ti diranno che sono una pazza
Ma è il prezzo di essere stata sincera

E' l'amore che conta
non solo i numeri, e neanche i limiti
E' una strada contorta
e non è logica, e non è comoda


Nell'attesa che hai
Nell'istante in cui sai
che è l'amore che conta
non ti perdere, impara anche a dire di no

Di tempo ne ho perso
certe occasioni sai
che non ritornano
mi fa bene lo stesso
se la mia dignità
è ancora giovane
Di me ti diranno che non sono ambiziosa
E' il prezzo di amare senza pretesa...

E' l'amore che conta
non solo i numeri, e neanche i limiti
E' una strada contorta
e non è logica, e non è comoda

Nell'attesa che hai
Nell'istante in cui sai
che è l'amore che conta
non ti perdere, impara anche a dire di no


No, No, No
No a questo tempo
d'ira e di cemento
No, No, No, NO!


E' l'amore che conta
non solo i numeri, e neanche i limiti
E' una strada contorta
e non è logica, e non è comoda


Nell'attesa che hai
Nell'istante in cui sai
che è l'amore che conta
non ti perdere, impara anche a dire di no

domenica 17 novembre 2013

Felice Natale Dickens!

Il 19 dicembre del 1843 fu pubblicato uno dei libri di maggior successo di Charles Dickens, il Canto di Natale, anche noto come Cantico di Natale. Di questo breve romanzo di genere fantastico, sono nate svariate rappresentazioni , ma una in particolare balza all'attenzione dei giorni nostri "A Christmas Carol", un film avente le sembianze dell'animazione per ragazzi, edito nel 2009, diretto da Robert Zemeckis e prodotto dalla Wat Disney Pictures.

Oggi ho avuto l'occasione di rivederlo, in compagnia di mia moglie, e ho potuto ancora una volta constatare quanti spunti di riflessione siano contenuti in esso.
In particolare, dopo pochi minuti di registrazione, sono stato colpito da questo dialogo tra Ebenezer Scrooge, l'anziano protagonista del racconto, e il suo unico parente ancora in vita, l'affettuoso nipote Fred.

Entrando nel negozio di cambiavalute Fred esordisce: "Felice Natale zio! Che Dio vi protegga!"
E l'anziano smagrito gli risponde borbottando dalla sua scrivania: "Ah, scempiaggini!"
Avvicinadosi, il nipote replica: "Il Natale una scempiaggine? Zio, non lo pensate di certo?"
Senza neppure alzare lo sguardo dalle monete verso suo nipote, aggiunge: "Felice Natale... che ragioni hai tu per essere felice? Sei piuttosto povero."
Così in un attimo Fred ribatte sorridendo: "Che diritto avete voi di essere cupo? Siete piuttosto ricco."

Prima di tutto mi ha divertito questo rapido botta e risposta, e al contempo sono rimasto interessato dalla verità di questo dialogo.
Durante tutto il film vengono poi svelate le cause della freddezza dell'anziano uomo, e le conseguenze che il suo modo di essere ha e avrà per la sua vita,e per quanti hanno in diversa misura a che fare con lui.
Ma estraendo dal contesto del romanzo queste righe, e rileggendole, non ho potuto fare a meno di notare il paradosso -che Dickens avrà volutamente inserito, probabilmente- tra la gioia del nipote "povero" (e, in seguito, anche quella del dipendente sottopagato, con la famiglia numerosa) e la freddezza scostante, arrabbiata e diffidente dell'anziano ricco.
Si potrebbe rimanere stupiti e, volendo esagerare -ma non troppo, in fondo- folgorati, nel considerare la gioia che abita il cuore di un uomo "povero", e al tempo stesso la desolazione che ha occupato quello del ricco.
E colpisce, oltretutto, che tale sottolineatura, fatta da Dickens nella prima metà del 1800, sia ancora valida - e forse ancor più di allora- per la persona d'oggi.
Vuol dire che tale aspetto dell'umana vita è vero, e che non è legato né al tempo né al luogo, ma piuttosto all'animo umano, e alle insidie che lo minano da sempre.
Ci fa certamente bene considerare queste cose, e ci farà ancor più bene chiederci: come è possibile che il cuore di un uomo povero possa essere abitato dalla  gioia? O meglio, Chi può rendere possibile questo?

Chi avrà modo di vedere il film, o leggere il romanzo, ne coglierà certamente i valori sottilmente sparsi nella trama e nelle vicende del personaggio principale.
Che ne direste di dargli un'occhiata per questo Natale?

Sulla copertina sarebbe simpaticamente vero trovarci scritto: "Film/romanzo adatto a un pubblico di non solo ragazzi."

Nicola Salvi

martedì 12 novembre 2013

Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità

Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.
Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé:
li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto.
Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro.
Quanti confidano in lui comprenderanno la verità;
coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell'amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti. 

Libro della Sapienza 2,23-24.3,1-9

 Creazione di Adamo

domenica 10 novembre 2013

Ma, qual è la mia aspettativa di vita?

Scorrendo con il mouse una lista di circa 200 paesi di tutto il mondo, dal Regno dello Swaziland (Ngwana), un piccolo paese dell'Africa del Sud, passando per il Senegal, le Filippine, la Siria, la Tunisia, l'Argentina, gli Stati Uniti d'America, il Regno Unito, la Germania, la Grecia, l'Italia, Andorra e fino al Giappone, leggo che l'aspettativa media di vita alla nascita va dai 32 anni d'età del primo, aumentando via via fino agli 84 del'ultimo citato.
Giungo a questa lista stuzzicato dalla Parola di Dio di oggi, che prende le mosse dal capitolo 7 del secondo libro dei Maccabei, passando per la lettera ai Tessalonicesi 2,16-17.3,1-5, per giungere poi al passo del vangelo di Luca capitolo 20, versetti 27-38.

Penso a queste pagine della Scrittura, e al tempo stesso guardo le statistiche, e mi domando:
qual'è la mia aspettativa di vita?

Stando a questa lista potrei sperare di vivere anche 79,4 anni; e potrei anche ringraziare il Signore di non essere nato nello Zimbabwe, o in Mozambico, o nel Malawi, altrimenti mi sarei visto quasi dimezzare la mia speranza di vita.
Ma tornando con gli occhi, e soprattutto col cuore, alle letture, so bene che tutti questi calcoli hanno perso via via senso e consistenza nella mia vita, perchè non c'è statistica che tenga dinanzi alla Speranza - con la "s" volutamente maiuscola- che genera la verità di queste pagine.

E allora torno a interrogarmi: qual'è la mia aspettativa di vita?

Ho imparato che con certezza questa vita finisce, ma sto imparando, con altrettanta certezza, che la vita non finisce.
Quanto e come cambia la nostra prospettiva della vita quando l'ottica dalla quale la osserviamo abbraccia un orizzonte più ampio, o meglio, sconfinato!
Nella parte finale del Credo che pronunciamo durante la messa c'è proprio questa affermazione: "...credo la risurrezione...". E, da affermazione qual è, io la volgo interrogativamente a me stesso, all'intimo di me stesso, e mi dico: io credo nella risurrezione?
Posso dirlo a voce alta tra i banchi di una chiesa; posso ripeterlo nelle preghiere quotidiane; posso insegnarlo ai miei figli, o ai bambini che nella stessa chiesa mi sono stati affidati affiinché trasmetta loro la mia fede;
 ma trovo nei miei pensieri, nelle mie parole, nei miei atti, nelle mie scelte, questo meraviglioso fondo luminoso che li invade tutti di vera luce?

Giorni come questo, in cui la liturgia ci invita a riprendere in mano, per così dire, un aspetto così importante e fondante della nostra fede, rappresentano una vera grazia per tutti coloro che accolgono questa parola vivificante, che la Chiesa con materna generosità ci dona.

Ecco, allora, che queste poche righe condivise con chi avrà il tempo e la volontà di leggerle, vogliono proporre di metterci in gioco, di cogliere la bellissima importanza di questa nostra verità di fede;
di non aver timore di rimetterci in cammino insieme, partendo proprio dal dare uno spazio dentro di noi a queste domande che come sempre la Parola di Dio genera, come acqua su un germoglio appena nato.

Invito chiunque lo voglia a condividere le proprie consederazioni in merito a ciò che sente dentro a riguardo, e chissà che questa condivisione possa rivelarsi addirittura utile per la nostra vita.

Nicola Salvi

Fonte: la mia coscienza.