Più volte, dall'inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha posto l'accento su questo fenomeno così attuale e diffuso nella nostra società, ed è tornato a farlo in occasione della visita pastorale ad Assisi dello scorso 4 ottobre, all'ombra della Basilica di Santa Maria degli Angeli, in risposta alle domande postegli da diversi giovani lì presenti.
Ma cosa intende, in concreto, quando parla della "cultura del provvisorio"?
In risposta a una giovane coppia che , sentendo la gioia e, allo stesso tempo, la fatica legata alle sfide quotidiane del loro matrimonio, gli ha chiesto come la chiesa potesse aiutarli e quali sono i passi che sono chiamati a compiere, il Papa ha detto loro:
"Pensiamo ai nostri genitori, ai nostri nonni o bisnonni: si sono sposati in condizioni molto più povere delle nostre, alcuni in tempo di guerra, o di dopoguerra; alcuni sono emigrati, come i miei genitori. Dove trovavano la forza? La trovavano nella certezza che il Signore era con loro, che la famiglia è benedetta da Dio col Sacramento del matrimonio, e che benedetta è la missione di mettere al mondo i figli e di educarli. Con queste certezze hanno superato anche le prove più dure. Erano certezze semplici, ma vere, formavano delle colonne che sostenevano il loro amore. Non è stata facile, la vita loro; c’erano problemi, tanti problemi. Ma queste certezze semplici li aiutavano ad andare avanti. E sono riusciti a fare una bella famiglia, a dare vita, a fare crescere i figli."
Per esplicitarsi meglio, ha aggiunto una considerazione legata a sue esperienze personali:
"Quante volte i parroci – anch’io, alcune volte l’ho sentito – sentono una coppia che viene a sposarsi: “Ma voi sapete che il matrimonio è per tutta la vita?”. “Ah, noi ci amiamo tanto, ma… rimarremo insieme finché dura l’amore. Quando finisce, uno da una parte e l’altro dall’altra”. E’ l’egoismo: quando io non sento, taglio il matrimonio e mi dimentico di quell’“una sola carne”, che non può dividersi. E’ rischioso sposarsi: è rischioso! E’ quell’egoismo che ci minaccia, perché dentro di noi tutti abbiamo la possibilità di una doppia personalità: quella che dice: “Io, libero, io voglio questo…”, e l’altra che dice: “Io, me, mi, con me, per me …”. L’egoismo sempre, che torna e non sa aprirsi agli altri.
Dopodiché, ha messo in risalto il tema della nostra riflessione:
" L’altra difficoltà è questa cultura del provvisorio: sembra che niente sia definitivo. Tutto è provvisorio. Come ho detto prima: mah, l’amore, finché dura. Una volta ho sentito un seminarista – bravo – che diceva: “Io voglio diventare prete, ma per dieci anni. Dopo ci ripenso”. E’ la cultura del provvisorio, e Gesù non ci ha salvato provvisoriamente: ci ha salvati definitivamente!
Indicando, poi, le vie concrete entro le quali compiere quei passi:
"Ma lo Spirito Santo suscita sempre risposte nuove alle nuove esigenze! E così si sono moltiplicati nella Chiesa i cammini per fidanzati, i corsi di preparazione al Matrimonio, i gruppi di giovani coppie nelle parrocchie, i movimenti familiari… Sono una ricchezza immensa! Sono punti di riferimento per tutti: giovani in ricerca, coppie in crisi, genitori in difficoltà con i figli e viceversa. Ci aiutano tutti! E poi ci sono le diverse forme di accoglienza: l’affido, l’adozione, le case-famiglia di vari tipi… La fantasia – mi permetto la parola – la fantasia dello Spirito Santo è infinita, ma è anche molto concreta! Allora vorrei dirvi di non avere paura di fare passi definitivi: non avere paura di farli. Quante volte ho sentito mamme che mi dicono: “Ma, Padre, io ho un figlio di 30 anni e non si sposa: non so cosa fare! Ha una bella fidanzata, ma non si decide”. Ma, signora, non gli stiri più le camicie! E’ così! Non avere paura di fare passi definitivi, come quello del matrimonio: approfondite il vostro amore, rispettandone i tempi e le espressioni, pregate, preparatevi bene, ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lascia soli! Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia, Lui vi sosterrà sempre."
In occasione della celebrazione di domenica scorsa, 13 ottobre, all'ombra materna della Madonna di Fatima, che in occasione della giornata Mariana è giunta fino a Roma, Papa Francesco ha sottolineato l'importanza di non cedere a questa cultura anche, e soprattutto, nel nostro cammino di fede.
"E io mi domando: sono un cristiano “a singhiozzo”, o sono un cristiano sempre? La cultura del provvisorio, del relativo entra anche nel vivere la fede. Dio ci chiede di essergli fedeli, ogni giorno, nelle azioni quotidiane e aggiunge che, anche se a volte non gli siamo fedeli, Lui è sempre fedele e con la sua misericordia non si stanca di tenderci la mano per risollevarci, di incoraggiarci a riprendere il cammino, di ritornare a Lui e dirgli la nostra debolezza perché ci doni la sua forza. E questo è il cammino definitivo: sempre col Signore, anche nelle nostre debolezze, anche nei nostri peccati. Mai andare sulla strada del provvisorio. Questo ci uccide. La fede è fedeltà definitiva, come quella di Maria."
E' evidente che ciascuno può e deve considerare queste parole alla luce della propria storia, e coglierne i consigli e i suggerimenti d'amore più personali e concreti.
Personalmente credo che la cultura del provvisorio si possa vincere soltanto vivendo e promuovendo "la cultura del definitivo".
Vivendo prima e promuovendo poi.
Poiché è quando rimaniamo in superficie, quando non andiamo in profondità nei rapporti, nei legami, nella nostra stessa fede, che la cultura del provvisorio a poco a poco si insinua nelle nostre esistenze e le contamina, ci contamina, fino a poterci uccidere -come sottolinea Francesco-.
Allora è charo che per vivere la cultura del definitivo bisogna prima scegliere di camminare in essa.
E a quel punto sarà la nostra stessa vita a promuoverla, ad indicarla come via di bene e di verità; personale, famigliare e collettiva.
Mi sovviene a tal proposito una frase che san Francesco disse una volta ai suoi fratelli, e che il Papa ha ripetuto anche in occasione di questo incontro con i giovani di Assisi: "Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole!". "Ma come?, ha aggunto il Papa, Si può predicare il Vangelo senza le parole? Sì! Con la testimonianza! Prima la testimonianza, dopo le parole! Ma la testimonianza!"
Nicola Salvi
Fonte: sito ufficiale del vaticano: www.vatican.va
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